Mutazioni Fantastiche
Questo pezzo originariamente è apparso nel catalogo Ruggine della fotografa Sandrine Mussy. Da giovedì 13 febbraio a sabato 1 marzo sarà possibile vedere la mostra presso Aria art gallery, Borgo SS Apostoli 40r, Firenze.
Il prodigio diventa un’aggressione proibita, minacciosa, che infrange la stabilità di un mondo le cui leggi, fino ad allora, apparivano rigorose e immutabili. É l’Impossibile, che sopraggiunge all’improvviso in un mondo da cui l’impossibile è bandito per definizione.
Roger Caillois, Obliques. Précédé de Images, images…, 1975
Carcasse d’auto, furgoni, camion e altra ferraglia che un tempo faceva da ingranaggio, ammortizzatore o cuscinetto abbandonati in uno sfasciacarrozzi fuori città. La natura umida ricca di muschi cresce sotto i cofani, sfonda i parabrezza e lunotti, li rosicchia o semplicemente favorisce, quel processo di ossidazione delle parti ferrose che prende il nome di ruggine. Il ferro abbandonato all’aria è all’acqua compie una metamorfosi su i metalli, trasforma lo sportello: lo piega e lo sfalda.
In principio erano macchine, complesse, rumorose e puzzolenti. Ormai fuori uso, nel silenzio della terra mutano forma. Le fotografie di Sandrine Luciat – Labry sono rilevazioni di questa mutazione. Non tanto una memoria dell’accaduto, ma un’evidenza dell’accadere. Le forme che vediamo in queste fotografie cambiano mentre le guardiamo. Scorrendo le immagini che compongono questo lavoro a volte ne troviamo di astratte, altre dove la forma originaria è ancora percepibile, in altre ancora capita di intravedere, la dove c’era il muso di quello che forse era un scuolabus, qualcosa di animalesco: le narici di una bestia enorme e pesante.
In un’altra foto, un foro su una superfice sagomata che doveva ospitare vite e bullone, diventa l’occhio nero di un mollusco cefalopode. Un insieme di molle, copiglie e rondelle si trasformano in un brulichio rossiccio di insetti, come un semiasse o un traversa di ferro diventano la spina di una pesce primordiale. Una galleria di essere proteiformi emerge dalle carcasse corrose.
Come nel Manuale di zoologia fantastica di J.L. Borges e M.Guerrero dove viene compiuta una ricognizione di strani animali e mostri che popolano il patrimonio di conoscenza delle civiltà occidentali e orientali, così nelle foto di Luciat – Labry vengono rievocati il Baldanders e il Catopleba, il Kraken, il Mirmicoleone o l’Odradek. C’è fra le figure animalesche raccolte nel manuale di Borges l’agnello vegetale di Tartaria, detto anche borametz. Una pianta che ha forma d’agnello, coperta da lanugine dorata e con radici a fittone, solitamente in numero di quattro o cinque. La leggenda arrivata fino a noi grazie ai cronisti medievali, racconta di un essere contemporaneamente animale vero e proprio e pianta. Un essere, quindi, che racchiude in sè sia il regno vegetale che quello animale. Bene, forse questo essere ricoperto di felce, confuso fra il fogliame verde che spunta fra la ruggine dei metalli, appare nelle foto di Luciat – Labry. Lo potremmo prendere come compagno per un viaggio nell’immaginario di questa autrice dove, suggerendo un divenire possibile delle cose e non solo un loro deteriorarsi, regno minerale, vegetale e perchè no animale sembrano riuniti in un sorta di breviario fantastico per immagini. La vita la dove a prima vista sembra essere venuta meno riemerge nella lentezza del tempo delle piante, delle pioggie e della terra.