ABOUT / Digital Storytelling, Interactive Media, Data Driven Stories.
La Jetée è un laboratorio dove si costruiscono storie, è un luogo dove le tecniche narrative dello storytelling si fondono con le tecnologie digitali e la sfera dei big data. Da questo incontro nascono nuovi modi di raccontare e nuovi prodotti per fruirne.
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La Jetée per l’Arte
Crea storie attraverso piattaforme narrative digitali, rendendo la visita dei Musei e dei siti dei Beni Culturali un’esperienza coinvolgente, creativa ed educativa.
La Jetée per il Territorio
Crea mappe fatte di racconti che ibridandosi con le tecnologie digitali permettono di promuovere un territorio e di scoprirlo attraverso percorsi di visita.
La Jetée per i Festival
Crea grandi racconti che raccolgono il meglio che produce un festival, permettendo a chi non l’ha frequentato di scoprirlo e a chi c’è già stato di ritrovarlo.
La Jetée per le Imprese
Crea strumenti per far si che un’impresa racconti se stessa, i suoi prodotti, le sue pratiche di lavoro. Per non disperdere le conoscenze, valorizzando le sue eccezionalità.
Nell’epoca dei media convergenti le piattaforme digitali diventano il nuovo testo dove si depositano le narrazioni contemporanee. Le immagini da elementi secondari e didascalici si organizzano in discorso mixandosi con altri linguaggi mediali, divenendo potenti strumenti di sintesi e racconto. Fotografia, video, infografica, data visualization, illustrazione, fumetto ma anche scrittura, suono e voce incontrano le dinamiche digitali dell’interattività, del gaming e dell’ipertestualità creando un nuovo modo di raccontare, coinvolgere e fare esperienza.
Nel 1963 i film venivano girati su pellicola, montati tagliando e incollando fotogrammi in sala montaggio e per vederli si andava al cinema. Le riviste erano piene di fotografie sviluppate in camera oscura e si compravano solo nelle edicole. I computer erano ancora degli scatoloni ingombranti e a usarli erano solo pochi addetti, nel cinema erano solo dentro i film di spionaggio o fantascienza.
In quell’anno Ted Nelson, un sociologo appassionato di computer figlio di un regista televisivo e cinematografico, ebbe un’intuizione geniale: l’ipertesto. Capì che grazie ai computer si potevano collegare fra loro più elementi testuali, creando un sorta di mappa navigabile di contenuti. Oggi quell’intuizione è sotto gli occhi di tutti ed è alla base dei modi in cui esploriamo i contenuti su internet. Quando clicchiamo su una parola o un’immagine o un video e si apre un’altra pagina, con un approfondimento, un estensione, un corollario a quella parola o quell’immagine o a quel video, siamo di fronte a un ipertesto o se vogliamo estendere il concetto a un ipermedia. Ne facciamo esperienza tutti i giorni. Era il 1963, ricordiamocelo, quando Ted capì che tutto ciò era possibile.
Centosessantadue anni prima, nel 1801 William Playfair, un ingegnere scozzese con la passione per il giornalismo e la statistica, farabutto e avventuriero senza scrupoli, da alle stampe Statistical Breviary, un pamphlet molto particolare: contiene il primo grafico a torta conosciuto. Playfair era convinto che la storia si riflettesse nei dati socio-economici e che potesse essere ricostruita graficamente. La visualizzazione dei dati, sosteneva, possiede un proprio linguaggio basato su gli attributi di proporzione, della progressione e della quantità. In questo incontro fra scienza matematica, statistica e grafica, si è aperta la strada a un racconto visivo del mondo dove i dati diventano elementi fondamentali nella costruzione delle storie.
Sono dovuti passare un po’ di anni e il tempo dell’evoluzione delle piattaforme tecnologiche per far si che anche i giornali, le riviste, la televisione e il cinema sia di fiction che del reale, come il documentario, esplorasse queste possibilità date dall’ipertestualità e dalla data visualization. I computer sono entrati nelle redazioni, negli studi televisivi, in sala di montaggio e non solo. Ed ecco che nascono i prodotti del Digital Storytelling come i Reportage Interattivi, i Web Documentaries, le Data Driven Stories, Visual Novels, i Serious Game, Web Series e le Guide Interattive. Se film, documentari e articoli li leggevamo o vedevamo in blocco così come li aveva fatti l’autore, senza possibilità di fare niente, nei prodotti di digital storytelling lo spettatore ha un ruolo nuovo, attivo: può, se vuole, interagire e costruire la storia insieme all’autore, decidere cosa vedere e cosa no. Quali collegamenti fare e che strade seguire. Le narrazioni digitali assomigliano a un film, a un report, ma anche a un sito web, di cui ereditano alcune possibilità: lo ricorda in alcune forme, ma non in come vengono sviluppati i contenuti, che seguono un logica time-based narrativa. Perché il Digital Storytelling è un nuovo modo di fare una cosa che facciamo da tanto: raccontare una storia.
Video, fotografia, animazione, illustrazione, data visualization, infografica, fumetto possono essere mescolati insieme a software per costruire narrazioni potenti ed esperienze interattive, immersive e partecipate. Quello che fa la differenza è proprio questo. Rispetto alla frammentazione e dispersione della comunicazione in rete e alla massa di dati registrata tramite le nuove tecniche di rilevazione che il mondo dei Big Data ha e sta sviluppando, questi strumenti riescono, ognuno a suo modo, ad aggregare molti contenuti all’interno di una cornice narrativa coerente. Riescono a sintetizzare enormi quantità di contenuti e dare senso e una prospettiva interpretativa ai dati. Il Digital Storytelling e le Data Driven Stories sono in definitiva, la naturale evoluzione del nostra attitudine a raccontare storie.